Le regole d’oro per combattere la sindrome da rientro che può colpire anche ogni lunedì mattina
Le vacanze estive paiono ormai un ricordo sbiadito, sia tra chi è da qualche tempo già operativo al lavoro, sia tra coloro che stanno disfacendo le valigie in questi giorni. Ora che il “ci riaggiorniamo a settembre” bussa alla porta, come combattere la tristezza da rientro? MioDottore ha coinvolto uno dei suoi esperti, il Dottor Francesco Bocci, psicologo, per approfondire la tematica e condividere 5 antidoti al “post vacation blues”.
Tristezza, saudade delle spiagge o vacation blue, cambiano le terminologie, ma pare che il significato non vari; ovvero, quando si torna dalle ferie, un mix di nostalgia e disorientamento spesso tocca gli animi di molti. A confermarlo anche i dati Istat, secondo i quali più di 1 italiano su 3 soffrirebbe il rientro alla routine, con conseguenti vissuti di disagio, spossatezza e depressione che affliggono per di più i giovani lavoratori tra i 25 e i 45 anni. Salvo casi specifici, si tratta di sensazioni del tutto normali, spesso causate da un equivoco di base: si pensa che la mente ritrovi il suo equilibro e si ricarichi nei momenti di riposo. Per questo si resta spiazzati se al rientro da una vacanza si prova tale tristezza; mentre, come spiega il Dottor Bocci, “la mente in realtà si ricarica portando a termine le cose che ciascuno desidera, prendendo consapevolezza di ciò che si è in un determinato momento della vita, quindi attivando un meccanismo di autoregolazione equilibrato che rende l’agire coerente col sentire.”
Per far fronte a questi sentimenti dai tratti cupi che talvolta affiancano le persone quando si risiedono alla propria scrivania, lo specialista di MioDottore ha stilato un breve vademecum composto da 5 suggerimenti aurei:
Rientrare al lavoro gradualmente: godersi luoghi esotici, città affascinanti mai viste o passeggiate in montagna fino all’ultimo secondo è il desiderio di molti. Eppure, pensare di tornare uno o due giorni prima di riaccendere il PC può essere più benefico di quanto si possa credere. Infatti, un ritorno “anticipato” consente di riappropriarsi degli spazi e dei ritmi precedenti alla partenza rispettando i propri tempi, pianificando il ritorno alla normalità e attenuando dunque lo “shock” da rientro.
Meditare: le tecniche per imparare a entrare in contatto con il “Sé” nel quotidiano sono molteplici e ciascuno può scegliere quella che preferisce o vede più affine alla propria persona. Se si è dei veri neofiti delle arti zen, sarà sufficiente anche solo ritagliarsi 10 minuti al giorno durante i quali prestare attenzione al respiro, ascoltarlo e accompagnarlo fino a farlo acquietare, idealmente a occhi chiusi.
Piccoli momenti sensoriali quotidiani: in vacanza i tempi si dilatano e si è maggiormente presenti a se stessi, anche con i cinque sensi. Il ritorno però richiede spesso di premere l’acceleratore, dimenticando proprio quei piccoli piaceri quotidiani che hanno rallegrato le ferie. Per questo, fermarsi e godere di quello che per ciascuno è bellezza aiuta a ritemprare lo spirito. Annusare un fiore, ascoltare una canzone che si ama, leggere, giocare, camminare, sono tutte semplici azioni permettono di riscoprire la quotidianità in modo naturale e senza ansia da prestazione.
Mindfulness: diversamente dallo yoga che è più riattivante, la mindfulness libera il pensiero e porta alla consapevolezza di sé, permette di ritrovare una connessione con il proprio “Io” e consente un’integrazione e un dialogo tra mente e corpo che riduce drasticamente lo stress da rientro. È ideale praticarla due volte al giorno, mattina e sera, seguendo protocolli guidati.
Tenere un diario: annotare quotidianamente i propri pensieri disturbanti può esser d’aiuto per portare alla luce ciò che non soddisfa e opprime, perché poter rileggere a posteriori le sensazioni che accompagnano determinati momenti consente di prendere la giusta distanza critica, osservare con occhio attento i propri bisogni e tentare di dare risposte adeguate con la corretta dose di attenzione.
Per alcuni, anche semplicemente vivere il fine settimana senza pensare al lavoro è sinonimo di sensi di colpa, tanto che il lunedì mattina può essere paragonato a una vera e propria sindrome da rientro, a prescindere che la pausa dal lavoro sia durata due giorni o due settimane. Come spiega lo specialista di MioDottore, è possibile ritrovarsi ad affrontare la routine settimanale con poco entusiasmo e tanta apprensione “perché nell’uomo c’è una componente eccessivamente autocritica che non permette di godere dei periodi in cui si stacca la spina e, di conseguenza, di pensare al lavoro come a una sana parte dell’esistenza intervallata da momenti di ristoro”. Per questo, anche se a un primo sguardo può sembrare un ossimoro, in realtà la frustrazione del back to work ha poco a che vedere con il ritorno e molto con il lavoro, tanto che si potrebbe nascondere proprio sotto gli occhi di tutti: in ufficio. Nello specifico, la ripresa della vita lavorativa assomiglia spesso a un jet leg, come sottolinea il Dottor Francesco Bocci: “In ferie o nel weekend si segue una modalità più ‘analogica’, si rallenta, si è presenti sul momento e si accantonano i ritmi serrati a cui spesso si è costretti. Al ritorno il sentimento più diffuso è un mix di tristezza e rassegnazione: se si vive la quotidianità come frustrante o comunque con poco appagamento, non saranno due né dieci giorni di relax a restituire la serenità”. Ma la buona notizia è che la “cura” è più piacevole del previsto: “per affrontare al meglio le nuove settimane lavorative è importante non scindere in modo netto i giorni di ferie da quelli di lavoro, neanche mentalmente. Essere troppo schematici e rigidi su questi aspetti non fa bene alla mente e all’organismo. Al contrario, integrare momenti per sé anche durante la normale vita lavorativa è fondamentale per ridimensionare l’ansia da prestazione e ritrovare la connessione con la propria persona”.