Nel 2020, l’emergenza Covid-19 avrebbe provocato effetti devastanti sul turismo italiano: ben 232 milioni di presenze in meno e oltre 67 milioni di arrivi con una contrazione rispettivamente del 53,1% e del 51,3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In picchiata anche la spesa turistica, con una rilevante flessione pari a poco più di 20 miliardi di euro il cui 73% è concentrata in sei sistemi turistici regionali: Veneto, Toscana, Lombardia, Lazio, Emilia-Romagna e Trentino-Alto Adige.

E, intanto, anche il mese di gennaio 2021 registra una battuta d’arresto tanto allarmante quanto prevedibile: 14,4 milioni di pernottamenti e 4,8 milioni di turisti in meno con una variazione negativa pari a circa l’80% rispetto allo stesso mese del 2020.

È quanto emerge da una stima dell’Istituto Demoskopika in attesa dei dati ufficiali dell’Istat su base regionale. Per il Molise, non essendo presente l’imposta di soggiorno, si è ipotizzato uno scenario identico a quello medio italiano. Per i Comuni del Lazio, infine, l’imposta di soggiorno riguardante, nello specifico, l’ammontare più che rilevante riferito a Roma Capitale, è stata stimata, poiché la voce non è chiaramente identificabile nel sistema informativo sulle operazioni degli enti pubblici. Si precisa che la stima dei movimenti turistici può risultare “condizionata” da un eventuale blocco temporaneo dell’imposta di soggiorno deciso in qualche comune oltre che dalla mancata o parziale trasmissione degli incassi dell’imposta al sistema SIOPE.

«Se si vuole fronteggiare efficacemente l’emergenza sanitaria – dichiara il presidente di Demoskopika, Raffaele Rio – la politica deve avere il coraggio di fare scelte precise. C’è un problema prioritario di governance da cui consegue anche la misura dell’efficacia dei fondi messi a disposizione per la ripresa del sistema turistico. Anzi, l’Italia presenta una gestione del turismo caratterizzata da una rilevante frammentazione delle competenze che genera un coordinamento delle politiche sul comparto assolutamente inadeguato. E, così, da una parte, lo Stato centrale vara documenti strategici senza coperture finanziarie mentre, dall’altra, le Regioni, forti dell’attribuzione costituzionale del turismo quale materia di competenza esclusiva, non di rado si sentono legittimate a programmare il turismo in una “giungla normativa e attuativa”. È ora, quindi, – conclude Raffaele Rio – di riaccendere i motori del processo partecipativo per attivare alcuni interventi nell’immediato: redigere un nuovo Piano strategico nazionale 2022-2027 alla luce di quanto sta accadendo, consentire alcune riforme strutturali del comparto attraverso un nuovo Codice del Turismo e creare un’unica agenzia per la produzione dei dati statistici non soltanto statici ma anche previsionali in modo tale da rendere più consapevoli e tempestive le scelte dei portatori d’interesse del settore. Il tutto ovviamente coordinato dal ministero del Turismo che si spera venga attivato in tempi brevi».   

La pandemia manda in fumo 232 milioni di presenze turistiche. Nei dodici mesi del 2020, Demoskopika stima una diminuzione di oltre 67 milioni di arrivi pari a una flessione del 51,3 per cento rispetto allo stesso arco temporale del 2019 che hanno ridotto di quasi 232 milioni i pernottamenti nel sistema alberghiero ed extra-alberghiero italiano. Una flessione generata prioritariamente dalle destinazioni regionali che, presentando un elevato livello di internazionalizzazione turistica, risentono più delle altre della rilevante contrazione dei turisti stranieri.  Analizzando, in particolare, il quadro per singolo sistema turistico regionale emerge che il Veneto avrebbe ridotto gli arrivi di 12,2 milioni e le presenze di 44,5 milioni. A seguire, in valore assoluto, Lombardia con una contrazione pari a 9,5 milioni di arrivi e 22,4 milioni di presenze, Toscana con una riduzione pari a 8,3 milioni di arrivi e 28,7 milioni di presenze, Lazio con una riduzione pari a 6,6 milioni di arrivi e 19,9 milioni di presenze e l’Emilia-Romagna con una riduzione pari a 6,1 milioni di arrivi e 23 milioni di presenze. Da evidenziare che, in chiave percentuale, è la Sicilia a presentare tra i “conti più salati”, preceduta solo dal Veneto: meno 3 milioni di arrivi e meno 9 milioni di presenze con un calo rispettivamente pari al 58% e al 59,6% rispetto ai dodici mesi del 2019.

Stimata sforbiciata pari a oltre 20 miliardi di euro. Per il 2020, l’emergenza coronavirus avrebbe generato una contrazione della spesa turistica di ben 20.056 milioni di euro, pari a circa l’8,6 per cento del prodotto interno lordo settoriale italiano. L’analisi per livello regionale colloca, nella sua dimensione numerica assoluta, il Veneto in testa con un decremento stimato della spesa turistica pari a 3.939 milioni di euro. Seguono, con sforbiciate rilevanti dei consumi in “viaggi e vacanze”, Toscana con 2.570 milioni di euro, Lombardia con 2.357 milioni di euro, Lazio con 2.205 milioni di euro, Emilia-Romagna con 1.820 milioni di euro e Trentino-Alto Adige con 1.610 milioni di euro.

La contrazione del consumo totale di beni e servizi da parte del viaggiatore si sarebbe avvertita, in maniera significativa, anche in altre cinque destinazioni regionali: Campania con 892 milioni di euro, Liguria con 752 milioni di euro, Piemonte con 666 milioni di euro, Sicilia con 651 milioni di euro, Sardegna con 497 milioni di euro e Marche con 407 milioni di euro. Al di sotto della “soglia psicologica” dei 400 milioni di euro si posizionano i rimanenti sistemi turistici regionali: Puglia con 388 milioni di euro, Friuli-Venezia Giulia con 336 milioni di euro, Calabria con 284 milioni di euro, Umbria con 209 milioni di euro, Valle d’Aosta con 204 milioni di euro, Abruzzo con 156 milioni di euro, Basilicata con 95 milioni di euro e, infine, Molise con 17 milioni di euro.

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