Durante i mesi di blocco degli spostamenti il livello di interesse degli italiani per le attività culturali online è aumentato, lo testimonia l’aumento degli utenti che seguono le pagine social dei musei: la crescita maggiore si è registrata su Instagram, seguito da Facebook e Twitter nel mese di marzo e con un ulteriore incremento rispettivamente dell’8,4%, 3,6% e 2,4% in aprile. A parte pochi casi, il livello di interazione è però rimasto stabile.
Ancora oggi circa l’86% dei ricavi dei musei deriva ancora dalla vendita di biglietti d’ingresso in loco, e nell’indagine realizzata poco prima dell’emergenza l’investimento in sistemi di ticketing, gestione delle prenotazioni e controllo degli accessi era indicato come priorità per il futuro solo dal 6% delle istituzioni.

Queste alcune delle evidenze emerse dall’Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali della School of Management del Politecnico di Milano in occasione del convegno “Dall’emergenza nuovi paradigmi digitali per la cultura”.

“Prima dell’emergenza sanitaria si potevano distinguere in modo relativamente nitido due percorsi: da un lato l’esperienza di visita on site (talvolta supportata da strumenti digitali); dall’altro l’utilizzo degli strumenti online per attrarre e preparare il pubblico alla visita in loco, oppure ex-post per proseguire il rapporto con l’istituzione visitata, soprattutto tramite i social media su cui è attivo il 76% dei musei” Dichiara Michela Arnaboldi, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio innovazione Digitale nei beni e attività Culturali “Se con i musei aperti il digitale ha rappresentato un complemento all’esperienza di visita, con la chiusura delle istituzioni culturali il digitale si è rivelato lo strumento necessario per poter offrire contenuti culturali. Questo ha portato inevitabilmente ad un uso diverso del canale online, social media in primis ma anche siti web, che sono divenuti da strumenti di comunicazione e di preparazione alla visita, quali erano fino ad ora, strumenti di vera e propria erogazione di contenuto”. 

Per quanto riguarda l’esperienza di visita on site, dall’indagine svolta su un campione di 430 musei, monumenti e aree archeologiche italiani, si osserva come le audioguide, QR-code e installazioni interattive siano gli strumenti di supporto alla visita più diffusi. È importante anche contestualizzare questi dati rispetto alle infrastrutture disponibili: sempre dall’indagine emerge come ancora il 51% dei musei non sia dotato di wi-fi. 

Rispetto alla preparazione alla visita, i siti web svolgono un ruolo centrale per raccogliere informazioni su orari, biglietti, attività e percorsi di visita. I dati derivanti dall’analisi dei servizi offerti su internet dai musei, svolta per il terzo anno consecutivo, mostrano che l’85% dei musei ha un sito web, relativo alla singola istituzione o all’interno di altri siti, come quello del Comune. Sono ancora poco diffusi strumenti, come i videogiochi per incuriosire e preparare alla visita.

Il 76% dei musei è presente almeno su un canale social media, con Facebook che si conferma il più diffuso, seguito da Instagram. Alcune istituzioni sperimentano anche canali social nati più di recente come TikTok. La presenza sui social ha consentito alle istituzioni culturali di offrire contenuti ai visitatori per approfondire la conoscenza anche dopo la visita e di mantenere una relazione di lungo periodo con i propri pubblici.

Se questo è ormai vero da anni, l’esperienza del lockdown ha dato un significativo impulso alla presenza online dei musei e in parte ha dettato anche un cambiamento di marcia: dal monitoraggio di quanto è accaduto nei musei statali tra dicembre 2019 e aprile 2020 è emerso che il livello di attività online è significativamente aumentato e, in particolar modo, il numero di post sui canali social media è quasi o più che raddoppiato su tutti i canali nelle settimane di lockdown del mese di marzo 2020, mantenendosi su valori elevati anche nel mese di aprile.

“Anche il livello di interesse da parte per le attività online è aumentato, come si evince dall’incremento degli utenti che seguono le pagine social dei musei” Dichiara Deborah Agostino, direttore dell’Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali “Il livello di interazione, invece, per i musei rimane stabile. Nonostante l’aumento dell’attività e dei follower, non si sono mediamente osservate variazioni rispetto a quanto accadeva nelle settimane precedenti il lockdown. Questo ha delle eccezioni in corrispondenza di attività più interattive, in cui è stata richiesta esplicitamente una risposta da parte del pubblico, come l’iniziativa ArtYouReady che ha generato su Instagram un numero di interazioni più che doppio rispetto ai giorni precedenti. Nel caso dei teatri, invece, la capacità di ingaggiare il pubblico nelle settimane di chiusura è aumentata sensibilmente rispetto ai mesi precedenti, soprattutto con riferimento a Facebook, su cui il numero medio di interazioni giornaliere è cresciuto del 61%”.

Qualunque siano le prospettive future, va ribadito che la fruizione onsite ed online rappresentano non due tipi di offerta alternativi, bensì complementari ed in grado di soddisfare esigenze talvolta differenti. È dunque auspicabile un ripensamento della strategia di offerta online, che si focalizzi sul soddisfacimento dei bisogni specifici per cui l’utente dovrebbe effettuare la visita da remoto.

La trasformazione di un sistema complesso come quello culturale richiede innanzitutto la presa di coscienza, da parte dei policy maker e dei responsabili della gestione delle istituzioni, della necessità di un cambio di passo nei contenuti e nei modi di proporre il valore. Questa consapevolezza, negli ultimi anni sempre più diffusa, è un passo necessario ma non sufficiente.  Già nel 2017 l’Osservatorio sosteneva la necessità per le istituzioni culturali di dotarsi di un piano di innovazione digitale, ossia di uno strumento che supporti il processo di trasformazione digitale, ma dall’indagine condotta tra fine 2019 e inizio 2020 emerge che la cultura della pianificazione nelle istituzioni culturali è ancora carente: solo il 24% di esse ha redatto un piano strategico dell’innovazione digitale.

La trasformazione implica anche investimenti in strumenti di supporto al customer journey, sia online che onsite. Negli ultimi due anni l’83% dei musei, monumenti e aree archeologiche italiane ha investito in innovazione digitale, concentrandosi prevalentemente su servizi di supporto alla visita in loco e catalogazione e digitalizzazione della collezione, attività entrambe propedeutiche a un ripensamento della value proposition sia online che onsite. Spostandosi sul futuro, le stesse voci costituiscono anche la priorità di investimento per i prossimi due anni, seguite da comunicazione e customer care e attività educative e didattiche. 

L’investimento in sistemi di ticketing, gestione delle prenotazioni e controllo degli accessi, invece, è stato indicato tra le priorità per il futuro solo dal 6% dei rispondenti, così come la digitalizzazione delle attività di sicurezza e sorveglianza. Ancora oggi l’86% dei ricavi da biglietteria deriva, pertanto, dalla vendita diretta in loco. Inoltre, tra i musei che hanno un sistema di controllo accessi prevale lo stacco del biglietto d’ingresso, rispetto a sistemi automatizzati come lettori di codici a barre e tornelli o varchi contapersone. Eppure, l’emergenza sanitaria induce a un totale ripensamento anche degli aspetti legati alla logistica e all’organizzazione del journey dell’utente che richiederà sistemi tecnologici che consentano la prenotazione online, il contingentamento degli accessi e sistemi di sicurezza e controllo di quanto avviene all’interno dell’istituzione culturale.

Un’ulteriore condizione abilitante la trasformazione è l’investimento sulle persone: attualmente il 51% dei musei non si avvale di nessun professionista, interno o esterno, con competenze legate al digitale. Il restante 39% dispone di competenze interne e/o ricorre a consulenti esterni per la gestione del digitale, ma solo il 12% ha un team dedicato composto da più persone.
Una competenza che sarà sempre più rilevante, anche alla luce dello spostamento del baricentro verso l’attività online, riguarda l’analisi e l’utilizzo strategico dei dati. Conoscere i clienti, le loro abitudini e esigenze, il livello di gradimento dell’esperienza vissuta sono informazioni che consentono di gestire i rischi e migliorare il servizio offerto; monitorare specifici indicatori di performance relativi alla propria organizzazione permette di migliorare la pianificazione e l’efficacia delle attività.

“Considerando che entrate da biglietteria e finanziamenti pubblici potrebbero essere impattati negativamente dalla crisi generata dall’emergenza sanitaria, da un lato a causa del contingentamento degli accessi che inciderà sul numero di biglietti staccati, dall’altro a causa dello stress sulle finanze pubbliche che potrà avere ripercussione anche sui finanziamenti per la cultura, è utile concentrare l’attenzione su fonti di ricavo alternative a queste” dichiara Eleonora Lorenzini, Direttore dell’Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali.

In particolare, è interessante soffermare l’attenzione su servizi come la vendita di immagini per finalità di ricerca, riproduzione e commerciali e sui servizi di abbonamento per l’accesso a servizi tramite sito web e applicazione. Questi ultimi, in particolare, sono tra i modelli che ultimamente sono stati proposti per ottenere introiti legati all’attività online dei musei. Diversi esponenti dell’ecosistema culturale, infatti, hanno sostenuto la necessità di studiare forme di abbonamento o biglietto più ricche di quelle attualmente a disposizione, che contemplino l’accesso a itinerari e percorsi tematici, in cui l’integrazione online-onsite permetterà di tornare più volte al museo e accedere a contenuti sul web on demand.

“Il contesto attuale si presenta particolarmente favorevole per sperimentazioni sia da parte delle istituzioni culturali che da parte del  pubblico che manifesta interesse verso nuovi approcci, con preferenza verso quelli a maggior grado di interazione” conclude Eleonora Lorenzini “Sebbene non possiamo ancora sapere con certezza quanto e in che modo questo contesto muterà vista la mancanza di paradigmi di riferimento, possiamo affermare che la flessibilità, la capacità di reinventarsi e di sfruttare le potenzialità delle nuove tecnologie rispondendo alle esigenze del pubblico saranno essenziali in un futuro più prossimo di quanto ci aspettavamo”.

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